Alessandro Severo, Venezia, Rossetti, 1717

 ALESSANDRO SEVERO
 
    Drama per musica da rappresentarsi nel famosissimo teatro Grimani di San Giovanni Grisostomo, a sua eccellenza il signor Carlo, conte di Peterborow e di Monmouth, visconte di Mordaunt, d’Aveland, barone di Mordaunt, di Turvey e di Rygat e cavaliere dell’ordine nobilissimo della Jartière, eccetera.
    In Venezia, MDCCXVII, appresso Marino Rossetti, in Merceria all’insegna della Pace, con licenza de’ superiori e privilegio.
 
 Eccellenza,
    espongo al pubblico, sotto l’autorevole patrocinio di vostra eccellenza, questo mio dramatico componimento e fo ad esempio di quegli artefici che mettono in sito elevato e in buon lume di prospettiva l’opere loro, a fine di asconderne le imperfezioni e di farle parere ciò che non sono. Da questa elezione risulterà, se non altro, questo vantaggio al mio drama, che tutti mi loderanno di averlo saputo ben dedicare, non potendo aver io la prosunzione di credere che possano commendarmi di averlo saputo ben concepire e ordinare. E certamente per qualunque parte, eccellentissimo signore, la vostra persona riguardisi, non ci ha luogo ove ella non esiga ammirazione e rispetto e donde ella non tramandi un qualche raggio della sua gloria, sovra gli oggetti che hanno l’onore di esser protetti e considerati da voi. È noto al mondo tutto che gl’impieghi più rilevanti e più luminosi di un sì gran regno si riposarono sopra di voi ed acquistarono però maggior lustro che non vi diedero. Vi riverì il mare, grand’ammiraglio e comandante della regia flotta; vi ammirò la terra, generale in capite nella Spagna. Ma non gli onori militari solamente concorsero a sublimarvi, perché al consiglio privato di sua maestà britannica furono oracoli i vostri pareri, alla contea di Northamton fu di salute il vostro governo ed a più corti furono di maraviglia le vostra ambasciate. Insomma nel glorioso corso della vostra vita, tutte le vostre azioni sono state corrispondenti alla grandezza della vostra nascita; e spesso operando gran cose, le avete talvolta riguardate come mediocri, perché non erano straordinarie; né vi siete contentato di soddisfare alla comune espettazione; ma avete voluto confonderne e superarne l’idea, per quanto sublime ella fosse. Si sa inoltre che, con la vostra gran mente, voi conoscete di qualunque componimento la bellezza e la forza e che tanti sono i lumi, a voi naturali e da voi acquistati, che non si può avere la vostra approvazione, senza conseguire anche quella del pubblico. Si forma un sicuro giudizio sopra quello che voi formate; onde s’io giungo all’onore di averlo qui favorevole, posso dir francamente di avere assicurato il destino di questa mia, qualunque siasi, fatica. Comunque però ne succeda, a me di già ne provviene un insigne vantaggio; ed è che da questo mi si somministra occasione di dichiarare pubblicamente il profondo rispetto, con cui sono di vostra eccellenza umilissimo, divotissimo, ossequiosissimo servidore.
 
    Apostolo Zeno
 
 ARGOMENTO
 
    L’unica azione che facesse, degna di lode, Elagabalo, imperadore di Roma, fu il dichiarare, vivendo, per cesare il giovanetto Alessandro Severo, figliuolo di Giulia Mammea, donna di grande autorità nell’impero e che aveva qualche affinità col sangue degli Antonini e con lo stesso Elagabalo. Questo tiranno si pentì poco dopo di averlo creato cesare e cercò in più maniere di torlo di vita; ma preservato particolarmente dall’assistenza della madre, pervenne alla fine, dopo la morte data ad Elagabalo, al supremo governo della monarchia in età di tredici anni, sotto la tutela della madre, dalla quale, di là a qualche anno, gli fu data per moglie una vergine di sangue patrizio, il cui nome, taciutosi dalle storie, si ha dalle medaglie essere stato quello di Sallustia Barbia Orbiana. In breve tempo Alessandro, innamoratosi delle rare qualità della moglie, la dichiarò augusta e le fece parte di tutti quegli onori che prima la madre sola godeva; laonde questa, ingelositane e volendo ella sola esser nominata augusta, fece che il figliuolo a forza la ripudiasse e, fattole ogni strapazzo nella reggia, le intimò sentenza di relegazione nell’Affrica. Marziano, padre di Sallustia, uomo potente nell’esercito, non potendo tollerare l’affronto fatto al suo sangue, si sollevò contra Giulia. Ciò che ne seguisse si raccoglie da Erodiano e da Lampridio. Nella favola si è seguito il verisimile più che il vero. Le acclamazioni fatte ad Alessandro, la guerra da lui mossa contra i Parti, la sua totale dipendenza dalla madre, le nuove terme da lui erette e così qualche altra cosa accennata sono cose tutte fondate su la verità della storia. Il tempo, in cui si finge l’azione del drama, è nel giorno anniversario, in cui Alessandro era salito all’impero.
 
 ATTORI
 
 GIULIA MAMMEA imperadrice madre
 ALESSANDRO imperadore, suo figliuolo
 SALLUSTIA imperadrice moglie
 ALBINA nobile romana in abito d’uomo, amante di Claudio
 CLAUDIO cavalier romano, amico di Marziano
 MARZIANO padre di Sallustia
 
    La scena è in Roma.
 
    I virtuosi, i quali rappresenteranno nel drama, sono i seguenti: la signora Marianna Benti Bulgarelli, detta la Romanina, e la signora Faustina Bordoni, serva attuale e virtuosa di camera del serenissimo elettor palatino; la signora Diana Vico; il signor Francesco De Grandi, virtuoso di sua altezza serenissima di Modana; il signor Francesco Guicciardi, virtuoso di sua altezza serenissima di Modana; il signor Antonio Pasi.
    La musica è del celebre maestro il signor Antonio Lotti.
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto I; luogo magnifico nel Campidoglio con trono; tesoreria imperiale; giardini.
    Nell’atto II: logge imperiali; sala apparecchiata per convito.
    Nell’atto III: terme imperiali; camera con letto; salone imperiale, nel cui fondo si vede discesa la reggia della Felicità di Roma.
 
 BALLI
 
    Di sollazzieri, di romaneschi.